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La radica per la manifattura della pipa

di Marco Fumei da Cortà

L’immagine della pipa, passando negli anni da un semplice strumento per fumare ad un “oggetto” pieno di significati legati alla cultura ed alla tradizione, ha sollecitato molti fumatori a chiederci  informazioni  su  come  oggi  si  possano  conciliare  le antiche  arti  (della  nostra manifattura)  manifatturiere  con  le pressanti esigenze di una moderna produzione. In altre parole ci chiedono come vengano prodotte oggi le nostre pipe in una azienda, che arricchita da oltre  120  anni  di  storia è proiettata  a  mantenere  la  propria  leadership  mondiale  non soltanto  come  prodotto  finito,  ma  anche  e  soprattutto  nella continua ricerca a tutti i livelli,  dall’attenzione alla materia prima, all’istruzione della mano d’opera, ad un fumo più sano, ad un miglior  ambiente  di  lavoro,  fino  ad  un  attento marketing differenziato    nei diversi mercati in cui è presente.
Per ottenere tutto questo non c’è, ovviamente, una ricetta risolutiva, ma  un  insieme  di  innumerevoli  particolari  ed attenzioni coltivate e rafforzate da decenni di esperienza di cui facciamo  sempre  tesoro,  perché  è  la  nostra  più  importante ricchezza.
La radica è sì la materia prima per produrre le pipe, ne è la condizione necessaria, ma non è sufficiente della buona radica per fare una buona pipa. Concorrono tantissimi altri elementi che, per poterli combinare, bisogna  non  soltanto  averli,  ma  anche  saperli usare; bisogna avere, in altre parole,  la cultura specifica del prodotto, che possiamo affermare con orgoglio di avere, grazie a centinaia di persone ed a tante generazioni di artigiani che si sono succedute, per oltre 120 anni, nella nostra azienda, lavorando con impegno  ed  amore  e  lasciando  a  noi,  adesso,  un  enorme patrimonio di esperienza e conoscenza.
 
Come tutti ben sappiamo la pipa tradizionale  è  fatta di “radica”, ovvero con una particolare escrescenza, chiamata ciocco, che  si  forma  sottoterra, quale  rigonfiamento  della  radice dell’Erica  Arborea.  Questa pianta  o,  meglio,  questo  grosso cespuglio,   cresce,   come   pianta   di   sottobosco,   solo   ed esclusivamente  in  alcune  aree  della  zona mediterranea.  Queste zone, ovunque esse siano, presentano delle caratteristiche comuni: sono prevalentemente collinari e non distanti dal mare.
La nascita e la crescita dell’Erica Arborea sono assolutamente naturali e particolarmente lente, almeno per quanto riguarda lo sviluppo del ciocco. Occorrono, infatti, almeno 25-30 anni affinché una pianta formi un ciocco di dimensioni sufficienti a renderlo adatto alla produzione di abbozzi.  Devo precisare che l’estrazione del ciocco comporta anche il taglio della pianta, di conseguenza un’area già sfruttata sarà disponibile per nuove estirpazioni solo dopo una generazione! 
II ciocco scavato e  raccolto viene poi inviato alla segheria, dove viene stoccato con particolare cura in ambienti  umidi  e  poco  luminosi,  per  permettere  al  legno  di continuare a “vivere” senza subire traumi irreversibili per la sua compattezza. Successivamente il ciocco viene tagliato con grosse seghe circolari e completamente a mano libera dai “segantini”, veri professionisti  che  devono  conciliare  grande  prontezza  di riflessi  nelle  loro mani ad un occhio rapido nel valutare  le diverse  situazioni  che  il  ciocco può offrire,  ed una  velocità decisionale adeguata.  Questo per poter ottenere la miglior resa possibile, in termini di qualità e quantità del legno lavorato preservando comunque 1’integrità delle proprie dita.
Da questo taglio usciranno gli abbozzi in misure e dimensioni diverse, e ciascuno di essi in una precisa scala di qualità e di conseguenza di valore commerciale. In aggiunta a questo, un bravo segantino che taglia del buon ciocco può individuare e ritagliare la "mitica" placca, ovvero quell'occasionale ed eccezionale parte del ciocco che rappresenta la  maggior  espressione  della  sua valorizzazione estetica e qualitativa.
Subito dopo il taglio, gli abbozzi e le placche sono immersi in grosse caldaie di rame piene d'acqua per subire una lavorazione detta bollitura.  In effetti il  legno,  rimanendo nell’acqua  in continua ebollizione per 18-24 ore, è lavato e purificato dal tannino, dalle resine e da tutto quanto è rimasto all'interno del legno, durante il suo sviluppo.
Nelle segherie del  ciocco  avviene,  dunque,  la  prima  selezione attraverso il taglio, che divide il prodotto più buono da quello meno buono. Si ottiene così una scala di qualità: le fabbriche di pipe acquisteranno le qualità migliori, o intermedie o basse a seconda del proprio livello di produzione e dei mercati d’interesse.
Ben altre selezioni attendono quel “pezzo di legno” che diventerà una pipa, ma avverranno solo quando saranno nelle mani dei pipemakers, quando inizierà, nel vero senso della parola, la creazione della pipa.
Una pipa Savinelli, s’intende…


   

 
 

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